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Category Archive for: Motivazioni

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La varietà è il segreto del benessere.

Quando manca un po’ di fantasia in cucina lasciatevi ispirare dal regno vegetale.

“Una verdura al giorno” è per dimostrare che noi vegani non mangiamo sempre le stesse cose.. 🙂

La spesa di SETTEMBRE:

melanzane, basilico, rabarbaro, cetrioli, ravanelli, zucchine, insalatine da taglio, carote, taccole, cipollotti, piselli, pomodori, bietole da costa, cavolo cappuccio, porro, cavolini di Bruxelles, peperoni, cicoria, rucola, fagioli, finocchi, aglio, fave, fiori di zucca, erbette, lattuga, barbabietole, patate novelle, fagiolini, sedano, scalogno..

 

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La varietà è il segreto del benessere.

Quando manca un po’ di fantasia in cucina lasciatevi ispirare dal regno vegetale.

“Una verdura al giorno” è per dimostrare che noi vegani non mangiamo sempre le stesse cose.. 🙂

La spesa di AGOSTO:

melanzane, basilico, rabarbaro, cetrioli, ravanelli, zucchine, insalatine da taglio, carote, taccole, cipollotti, piselli, pomodori, bietole da costa, cavolo cappuccio, porro, cavolini di Bruxelles, peperoni, cicoria, rucola, fagioli, finocchi, aglio, fave, fiori di zucca, erbette, lattuga, barbabietole, patate novelle, fagiolini, sedano, scalogno..

 

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La varietà è il segreto del benessere.

Quando manca un po’ di fantasia in cucina lasciatevi ispirare dal regno vegetale.

“Una verdura al giorno” è per dimostrare che noi vegani non mangiamo sempre le stesse cose.. 🙂

La spesa di LUGLIO:

melanzane, basilico, rabarbaro, cetrioli, ravanelli, zucchine, insalatine da taglio, carote, taccole, cipollotti, piselli, pomodori, bietole da costa, tarassaco, radicchio, ortiche, peperoni, cipolla, rucola, fagioli, prezzemolo, aglio, fave, fiori di zucca, erbette, lattuga, barbabietole, patate novelle, fagiolini, sedano, scalogno..

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Felicità è un bicchiere di vino con un panino, la felicità!” .

Chissà se Al Bano e Romina nel loro inno alla semplicità, venduto con oltre 25 milioni di copie in tutto il mondo, stavano in realtà celebrando le caratteristiche nutrizionali dei cereali! Eh già perché i cereali contengono grandi quantità di vitamine B3 e B6 necessarie a trasformare il triptofano, che troviamo un po’ in tutta la frutta e la verdura, in serotonina, la cosiddetta «molecola della felicità». Ed è per questo che quando siamo giù di tono tendiamo a mangiare pasta, pizza o dolci!

I cereali hanno una lunga storia: nella sua ricerca di cibo l’uomo s’accorse che i semi delle graminacee rispetto agli altri vegetali si conservavano a lungo, erano facilmente trasportabili e più nutrienti e la più antica forma vegetale piantata sembrerebbe sia stata l’orzo.

Cereale deriva da Ceres – Cerere – la Dea materna della terra che si pensava avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi e per questo era considerata la protettrice dei raccolti. Con la parola cereale genericamente indichiamo tutte quelle piante che offrono chicchi e che possono anche dare origine, dopo la macinazione, a farine per la preparazione di pane e altri alimenti.

I cereali di uso comune sono: il frumento, il mais, il riso, l’orzo, la segale, il farro, l’avena, il miglio, il grano saraceno, l’amaranto, la quinoa, il grano khorasan kamut, da cui si ricavano le farine (in Italia esistono oltre 200 varietà di grani differenti).

I cereali possono essere suddivisi in 2 sottogruppi principali in base al grado di trasformazione a cui si sottopongono:  i cereali integrali, contengono l’intero patrimonio nutritivo del chicco, fonti di fibre, vitamine e minerali, di amido e proteine; e i cereali raffinati che, invece, hanno perso gran parte delle sostanze benefiche che conteneva il chicco, e possono contenere sostanze aggiunte dannose.

I chicchi di tutti i cereali sono per la maggior parte costituiti da amido e quanta più amilopectina c’è, tanto più è digeribile. Ad esempio il riso e i suoi derivati, risultano più facilmente digeribili rispetto al frumento e ai derivati come la pasta e pane.

Vista l’abbondanza di amido, tutti i cereali sono una fonte principalmente di carboidrati e hanno un contenuto di grassi limitato.

Alcuni cereali quali, frumento, farro, avena, segale, spelta, orzo, kamut, e tutti i loro derivati , farina, amido, semolino, fiocchi, pasta, pane comune e speciale, pangrattato, dolci, biscotti, torte, grissini, crackers, fette biscottate, pan carrè, focacce, pizza, gnocchi, crusca,.. contengono glutine.

Il riso, il mais, il grano saraceno, il miglio, l’amaranto, la quinoa e tutti i loro derivati quali, farina di riso, crema e amido di riso, farina di mais, polenta, … non contengono glutine.

Il glutine è un vero e proprio collante che impedisce l’assimilazione dei nutrienti. Glutine, caseina e grassi animali sono un trio micidiale responsabile di sangue grasso e viscoso che è la base di partenza di tutte le alterazioni funzionali dell’organismo.

 

Photo: Hélène Dujardin

 

Nella cucina mediterranea i cereali sono presenti in molte ricette e piatti della tradizione.

Ma quali sono gli accorgimenti per una corretta assunzione? I cereali, soprattutto se cotti, se presi in abbondanza e in proporzione esagerata rispetto alla frutta e alle verdure crude provocano alcuni leggeri fenomeni di acidificazione. Vengono invece assimilati magnificamente quando assumiamo abbondante frutta (lontano dai pasti principali) e li anticipiamo con abbondanti verdure crude (abbondante insalata cruda) in anticipo sui pasti principali.

Non dimentichiamo che i cereali si prestano pure alla germinazione fatta in casa, che li trasforma in autentici vegetali freschi e vivi da consumarsi a crudo, con una sbalorditiva moltiplicazione dei principi nutritivi.

Per quanto il nostro modo di vivere tenda a farcelo dimenticare, tutto ciò che mangiamo proviene dalla terra, e dalla terra provengono anche cereali e chicchi. Nei chicchi di grano e degli altri cereali, la luce solare, attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana, si condensa in amido, il carboidrato più importante per la nostra alimentazione. Consumando questo cereale, quindi, non solo riceviamo il nutrimento che ci dà la forza di agire e pensare, ma portiamo dentro di noi scintille di sole. 

Claudia Orsino
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La varietà è il segreto del benessere.

Quando manca un po’ di fantasia in cucina lasciatevi ispirare dal regno vegetale.

“Una verdura al giorno” è per dimostrare che noi vegani non mangiamo sempre le stesse cose.. 🙂

La spesa di GIUGNO:

melanzane, rabarbaro, asparagi, cetrioli, ravanelli, zucchine, insalatine da taglio, carote, taccole, cipolle, piselli, pomodori, bietole da costa, tarassaco, radicchio, ortiche, peperoni, cipolla, rucola, agretti, fagioli, glio fresco, fave, fiori di zucca, erbette, lattuga, barbabietole, patate novelle, fagiolini, sedano..

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La varietà è il segreto del benessere.

Quando manca un po’ di fantasia in cucina lasciatevi ispirare dal regno vegetale.

“Una verdura al giorno” è per dimostrare che noi vegani non mangiamo sempre le stesse cose.. 🙂

La spesa di MAGGIO:

carciofi, broccoli, cavolfiori, radicchi, ravanelli, sedano, spinaci, carote, erbette, lattura, barbabietola, borragine, luppolo, tarassaco, finocchi, ortiche, coste, cicoria, rucola, indivia, rape, aglio, fave, asparagi, agretti, cipollotti, piselli, patate novelle, fagiolini, zucchine, cetrioli…

una verdura al giorno – maggio

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Amazzonia. Pollo. Proteine.

Cos è che lega queste parole?

La soia, un legume che i cinesi da millenni hanno utilizzato come fertilizzante naturale del suolo (perché arricchisce la terra di azotati) fino a quando non fu sviluppato il processo di fermentazione che trasformava la purea di soia in in una salsa, oggi nota come miso, mangiata come condimento di altri cibi.

L’utilizzo della soia non più come fertilizzante ma quale alimento per l’uomo e per gli animali ha rappresentato un passaggio nella storia dell’agricoltura e dell’alimentazione mondiale di notevole importanza.

La soia è infatti una delle cause più incisive della deforestazione amazzonica – ogni anno nell’area amazzonica vengono distrutti oltre un milione di ettari di bosco.

La soia spopola nelle diete vegane eppure la quantità maggiore è contenuta nel pollo d’allevamento – 100 gr ogni 100 gr di prodotto; è una delle migliori fonti di proteine vegetali  – contenuto proteico pari al 37% circa del peso a secco rispetto a carne e pesce che contengono circa 20-25 grammi di proteine per ogni etto di prodotto.

Nulla da rimproverare se la risposta non è poi così spontanea.

Nonostante i grandi numeri e le numerose e controverse opinioni che la riguardano, è un argomento quasi del tutto ignorato dai grandi media.

Scientificamente “Glycine max” , appartenente alla famiglia delle Leguminose, la soia è attualmente uno dei prodotti alimentari più coltivati nel mondo, poco più di 220 milioni di tonnellate (dati 2009, fonte: FAO) e largamente utilizzata per l’alimentazione degli animali da allevamento (85% della produzione mondiale).

E il restante 15% del prodotto? Copre la domanda del mercato per uso alimentare umano.

Un europeo consuma circa 61 kg di soia l’anno. Il 93% del consumo di soia pro capite annuo ha provenienza indiretta (circa 58 kg),  ovvero dovuto ai mangimi per gli animali necessari per ottenere carne, pesce, uova, yogurt, ecc,  gli altri 4 kg li mangiamo senza saperlo.

La troviamo infatti in numerosi alimenti. Per esempio, la farina ottenuta dopo l’estrazione dell’olio, un prodotto ricco di proteine vegetali, è utilizzata per migliorare la friabilità dei prodotti da forno. I concentrati  di proteine sono anche aggiunti agli alimenti a base di carne (hamburger, ripieni di tortellini e ravioli), o come sostitutivi nei cibi per vegetariani. E infine si trova in alcuni prodotti per aumentare il volume e renderli più soffici (gelati) e in quelli per celiaci al posto delle proteine del grano (glutine).

[fonte ilfattoalimentare.it]

Ma la soia fa bene o fa male?

Il fatto che la soia sia molto commercializzata nei supermercati naturali ci può spingere a pensare che sia la chiave per vivere in salute.

In effetti i semi di soia contengono una vasta gamma di sostanze nutritive: potassio, fosforo, magnesio, calcio, vitamina B6, acido folico, vitamina K. Alcuni studi hanno anche dimostrato la capacità della soia di ridurre il colesterolo cattivo in eccesso e i rischi di cancro alla prostata. La soia e i suoi derivati, come il tofu, contengono composti biologicamente attivi chiamati isoflavoni che possono attivare i recettori degli estrogeni nel corpo umano. Questa caratteristica fa si che gli isoflavoni vengano spesso usati come alternativa naturale ai farmaci per alleviare i sintomi della menopausa e ridurre il rischio di perdita ossea nelle donne anziane.

[fonte energytraining.it ]

C’è chi però sostiene che i rischi del consumo eccessivo di soia superino di molto i benefici.

Altri studi condotti sulle donne hanno evidenziato che dopo soli 14 giorni di assunzione di proteine della soia si verificava un aumento significativo nella proliferazione delle cellule epiteliali del seno, che sono le cellule che hanno più probabilità di trasformarsi in cellule cancerose.

Altrettanto discordanti sono le opinioni in merito all’utilizzo di alimenti a base di soia per i neonati (molti nutrizionisti ritengono che i bambini esposti a elevate quantità di fitoestrogeni sono soggetti a pubertà precoce nelle ragazze e ritardata maturazione fisica nei ragazzi).

Anche in questo caso la virtù potrebbe stare nel mezzo. Mangiare alimenti a base di soia si può ma in modo controllato (non più di 1 – 2 volte a settimana) e nelle forme fermentate. Ma se gli effetti del consumo alimentare di soia nell’uomo non sono ancora del tutto chiari, le conseguenze della produzione per il grande mercato sono già da tempo evidenti, e in alcuni casi, irreparabili.

Ma iniziamo dal principio. La soia fu coltivata per la prima volta in Cina circa 5000 anni fa. L’imperatore la chiamò “Ta Teou” (grande fagiolo) e la classificò tra le cinque piante sacre.

La prima piantagione commerciale fu allestita nel 1929, ma l’uso si è enormemente diffuso dopo la seconda guerra mondiale. Difatti, la scoperta dell’alto valore nutritivo nei mangimi per bovini e pollame, ha lanciato la soia nell’Empireo dei prodotti agricoli facendo schizzare il consumo da 44 milioni di tonnellate nel 1959 a 280 milioni nel 2009.

La crescita esponenziale della domanda mondiale di soia e gli elevatissimi guadagni hanno spinto numerose multinazionali a investire sulla coltivazione intensiva e transgenica con conseguenze spesso devastanti per l’ambiente e per l’uomo.

Tra le voci di protesta sollevatesi contro un fenomeno che oramai ha assunto dimensioni epocali – la superficie di terra coltivata a soia copre oltre 1 milione di chilometri quadrati: quasi la totalità dell’Europa settentrionale (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi messi insieme) –  anche quella del fotografo Ernesto Piovano che, nel suo paese natale, l’Argentina, realizza nel 2014 un reportage per denunciare gli effetti dell’utilizzo incontrollato di diserbanti, come il glifosato, nelle colture di soia geneticamente modificata. Le immagini raccapriccianti di bambini deformati, dalla pelle di cristallo, di donne ricurve con malformazioni ai tendini, si alternano alla visione drammatica di interminabili campi di girasoli devastati dal veleno. (qui un articolo)

Ciascuno di noi valuta i fatti ed esprime giudizi. Ciascuno può approvare o disapprovare, apprezzare o indignarsi.

Il rispetto dovuto all’essere umano in quanto tale e quello dovuto all’ambiente sono tra i principi fondamentali della morale, cioè quelli che permettono di dire ciò che è bene e ciò è male. Da questi stessi principi non possono prescindere coloro che nell’agire determinano le sorti del genere umano.

Claudia Orsino
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E’ da giorni che continuo a ripetere a me stessa che devo trovare la frase giusta per cominciare il pezzo, perché se scrivo “Pasqua senza agnello” oppure “Perché il cane no e l’agnello si”, sono certa che i più non leggeranno neanche il secondo rigo e questo articolo non avrà mai avuto senso.

La verità è che scrivere di qualcosa a cui si è molto sensibili, sapendo di doverti rivolgere a tanti che, ahimè, non sono proprio della tua stessa opinione ma sono più per –  “La tradizione dice che a Pasqua si deve mangiare l’agnello e le tradizioni si rispettano” (le tradizioni si rispettano anche più delle leggi! aggiungerei io) , oppure – “ Se non te li mangi poi diventano troppi e che ci fai?”, o ancora andando sul personale – “ Pensa ai bambini che non possono mangiare, piuttosto che agli animali” è un’impresa toccante.

E si, perché le parole scorrerebbero a fiumi se questa pagina fosse parte della mia autobiografia; ed invece appartiene a una cosa più grande di se stessi: all’umanità, a quella istintiva capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri.

Capacità che ancora appartiene ad alcuni esseri umani, che ne fanno un utilizzo autentico, in molti casi sorprendente: i bambini. Loro, i cuccioli, sentono e condividono le emozioni degli altri viventi, umani e animali.

Non pretendo di poter cambiare le opinioni di chi legge, ma un domanda sento di porgerla: siamo proprio sicuri di volere una “tradizione” che giustifica l’uccisione di milioni di esseri viventi senzienti? Coloro che negano valore a una tragedia per la quale non fanno nulla invocano come giustificazione un’altra tragedia per la quale non fanno identicamente nulla.

C’era una volta una bambina che non voleva mangiare gli animali e tanta era l’empatia con loro che disperata diceva ai suoi genitori: “Io non voglio mangiare gli animali – sono così belli. Perché la gente li fa a pezzi?“.

C’era una volta una madre: «Immagina di partorire in una stanza vuota, senza nessuno che ti è vicino, e da sola riesci a “dare alla luce” tuo figlio. La gioia che provi nel vederlo ti solleva da ogni dolore. Ma all’improvviso qualcuno entra nella stanza,  ti prende il bambino e lo porta via. Quel bambino non lo vedrai mai più. Sarà chiuso in una stanza davanti alla tua, tu lo sentirai piangere perché ha fame, perché ti cerca, ma non puoi fare niente. Dopo interminabili giorni lo vedi portar via dalla stanza, vedi spingerlo con forza in un furgone. Lo macelleranno. Tu vivrai questo per anni, finché non sarai più in grado di fare figli, poi macelleranno anche te”


Immagino un mondo in cui il fine ultimo non sia produrre per produrre sempre di più, guadagnare per guadagnare sempre di più, consumare per poter consumare sempre di più, bensì la tutela della Terra come casa comune di tutti gli esseri viventi che la popolano, interconnessi e necessari gli uni agli altri; il rispetto per ogni forma di vita.

(Fonte ilcambiamento.it)
Claudia Orsino
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Sono nata a giugno e fino agli anni dell’adolescenza le mie torte di compleanno erano rigorosamente con la crema e le fragole. Eh già perché le fragole, un po’ come tutta la frutta e la verdura, si potevano mangiare solo in un certo periodo dell’anno. “Perché la natura ha i suoi tempi” diceva la nonna. E così giugno era, soprattutto per i bambini, il mese più atteso: finivano le scuole e iniziava l’estate, si mangiavano i gelati e uscivano le fragole.

Per i bimbi di oggi associare un frutto alla stagione in cui naturalmente si raccoglie è una vera sfida: l’agricoltura in serra infatti permette di consumare tutti i frutti tutto l’anno. Ma a che prezzo?

Dalla fiaba dei fratelli Grimm a oggi sono trascorsi oltre 200 anni eppure, la mela avvelenata che costò a Biancaneve lunghi anni di coma profondo, non è affatto un’espediente superato.

 

Le mele, infatti, insieme a lattuga, pomodori, cetrioli, peperoni e fragole, conterrebbero, secondo il PAN Europe (Pesticide Action network), le dosi residue più elevate di pesticidi interferenti endocrini.

Il tema è molto delicato e di non facile argomentazione, ma una cosa è certa: la strega cattiva non c’entra.

I pesticidi chimici sono stati creati proprio per essere tossici, per uccidere i parassiti delle piante. Negli anni ’40 venne prodotto e immesso nel mercato il DDT, un insetticida largamente utilizzato in agricoltura, le cui le dosi di impiego aumentarono in pochissimi anni fino a tre volte per via della comparsa di insetti resistenti al loro impiego.

La biologa Carson, al termine di intense ricerche, denunciò nel suo libro “Primavera silenziosa”, i gravissimi danni che i pesticidi chimici stavano causando all’ambiente, alla fauna e agli esseri umani e individuò il DDT come una delle più potenti cause nello sviluppo del cancro.

Negli anni ’80 il DDT venne messo al bando nella maggior parte delle nazioni sviluppate, ma non nei Paesi del Terzo Mondo dove ancora oggi viene utilizzato in agricoltura: tutti i prodotti alimentari provenienti da quelle regioni, arrivano a noi contaminati.

Nonostante la normativa che fissa la “dose massima consentita” dei residui di pesticidi negli alimenti e la stretta sorveglianza operata a livello europeo dall’EFSA (European Food Safety Authority), secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i pesticidi causano ogni anno circa 200 mila morti su scala globale.

Si è dimostrato che questo cocktail chimico che riveste frutta e verdura è correlato a riduzione della fertilità, aumento di alcuni tipi di tumore, pubertà precoce, diabete, obesità; agisce inoltre sulle ghiandole endocrine e in particolare sulla tiroide, causando disfunzioni anche a livello comportamentale.

 

Ma come tutelare la nostra salute e quella della terra? Quali sono gli accorgimenti per non assumere queste sostanze?

Il primo modo è informarsi. Proprio in questi giorni è possibile partecipare alla Settimana internazionale contro i Pesticidi, organizzata dal Pesticide Action Network (Pan) insieme ad altre organizzazioni come Slow Food: eventi locali, proiezioni di film, conferenze, seminari e mercati cercheranno di informare i consumatori sui rischi degli usi dei pesticidi sull’ambiente e sulla salute incentivandoli all’uso di metodi alternativi.  Qui  tutti gli appuntamenti pesticideactionweek.org.

Fondamentali sono inoltre il momento della spesa, acquistare cibo proveniente da agricoltura organica, ovvero da coltivazioni in cui non sono utilizzati pesticidi e fertilizzanti chimici, e la fase di preparazione del cibo, lavare attentamente frutta e verdura e sbucciare gli alimenti prima del consumo se non sono prodotti bio.

Dove possibile, coltivate qualcosa nel vostro orto, in giardino o nei vasi sul balcone; qualora non potesse, scaricate la nuova applicazione “Che cosa c’è nel mio cibo” che permette di sapere se gli alimenti che consumiamo sono più o meno ricchi di pesticidi fornendo indicazioni di base sul tipo di cibo.

Ma se nessuna idea vi avrà ancora convinto, suggeriamo allora di trovare in fretta un principe azzurro che al momento opportuno vi possa destare dal sonno.

Claudia Orsino
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