Amazzonia. Pollo. Proteine.
Cos è che lega queste parole?
La soia, un legume che i cinesi da millenni hanno utilizzato come fertilizzante naturale del suolo (perché arricchisce la terra di azotati) fino a quando non fu sviluppato il processo di fermentazione che trasformava la purea di soia in in una salsa, oggi nota come miso, mangiata come condimento di altri cibi.
L’utilizzo della soia non più come fertilizzante ma quale alimento per l’uomo e per gli animali ha rappresentato un passaggio nella storia dell’agricoltura e dell’alimentazione mondiale di notevole importanza.
La soia è infatti una delle cause più incisive della deforestazione amazzonica – ogni anno nell’area amazzonica vengono distrutti oltre un milione di ettari di bosco.
La soia spopola nelle diete vegane eppure la quantità maggiore è contenuta nel pollo d’allevamento – 100 gr ogni 100 gr di prodotto; è una delle migliori fonti di proteine vegetali – contenuto proteico pari al 37% circa del peso a secco rispetto a carne e pesce che contengono circa 20-25 grammi di proteine per ogni etto di prodotto.
Nulla da rimproverare se la risposta non è poi così spontanea.
Nonostante i grandi numeri e le numerose e controverse opinioni che la riguardano, è un argomento quasi del tutto ignorato dai grandi media.
Scientificamente “Glycine max” , appartenente alla famiglia delle Leguminose, la soia è attualmente uno dei prodotti alimentari più coltivati nel mondo, poco più di 220 milioni di tonnellate (dati 2009, fonte: FAO) e largamente utilizzata per l’alimentazione degli animali da allevamento (85% della produzione mondiale).
E il restante 15% del prodotto? Copre la domanda del mercato per uso alimentare umano.
Un europeo consuma circa 61 kg di soia l’anno. Il 93% del consumo di soia pro capite annuo ha provenienza indiretta (circa 58 kg), ovvero dovuto ai mangimi per gli animali necessari per ottenere carne, pesce, uova, yogurt, ecc, gli altri 4 kg li mangiamo senza saperlo.
La troviamo infatti in numerosi alimenti. Per esempio, la farina ottenuta dopo l’estrazione dell’olio, un prodotto ricco di proteine vegetali, è utilizzata per migliorare la friabilità dei prodotti da forno. I concentrati di proteine sono anche aggiunti agli alimenti a base di carne (hamburger, ripieni di tortellini e ravioli), o come sostitutivi nei cibi per vegetariani. E infine si trova in alcuni prodotti per aumentare il volume e renderli più soffici (gelati) e in quelli per celiaci al posto delle proteine del grano (glutine).
Ma la soia fa bene o fa male?
Il fatto che la soia sia molto commercializzata nei supermercati naturali ci può spingere a pensare che sia la chiave per vivere in salute.
In effetti i semi di soia contengono una vasta gamma di sostanze nutritive: potassio, fosforo, magnesio, calcio, vitamina B6, acido folico, vitamina K. Alcuni studi hanno anche dimostrato la capacità della soia di ridurre il colesterolo cattivo in eccesso e i rischi di cancro alla prostata. La soia e i suoi derivati, come il tofu, contengono composti biologicamente attivi chiamati isoflavoni che possono attivare i recettori degli estrogeni nel corpo umano. Questa caratteristica fa si che gli isoflavoni vengano spesso usati come alternativa naturale ai farmaci per alleviare i sintomi della menopausa e ridurre il rischio di perdita ossea nelle donne anziane.
C’è chi però sostiene che i rischi del consumo eccessivo di soia superino di molto i benefici.
Altri studi condotti sulle donne hanno evidenziato che dopo soli 14 giorni di assunzione di proteine della soia si verificava un aumento significativo nella proliferazione delle cellule epiteliali del seno, che sono le cellule che hanno più probabilità di trasformarsi in cellule cancerose.
Altrettanto discordanti sono le opinioni in merito all’utilizzo di alimenti a base di soia per i neonati (molti nutrizionisti ritengono che i bambini esposti a elevate quantità di fitoestrogeni sono soggetti a pubertà precoce nelle ragazze e ritardata maturazione fisica nei ragazzi).
Anche in questo caso la virtù potrebbe stare nel mezzo. Mangiare alimenti a base di soia si può ma in modo controllato (non più di 1 – 2 volte a settimana) e nelle forme fermentate. Ma se gli effetti del consumo alimentare di soia nell’uomo non sono ancora del tutto chiari, le conseguenze della produzione per il grande mercato sono già da tempo evidenti, e in alcuni casi, irreparabili.
Ma iniziamo dal principio. La soia fu coltivata per la prima volta in Cina circa 5000 anni fa. L’imperatore la chiamò “Ta Teou” (grande fagiolo) e la classificò tra le cinque piante sacre.
La prima piantagione commerciale fu allestita nel 1929, ma l’uso si è enormemente diffuso dopo la seconda guerra mondiale. Difatti, la scoperta dell’alto valore nutritivo nei mangimi per bovini e pollame, ha lanciato la soia nell’Empireo dei prodotti agricoli facendo schizzare il consumo da 44 milioni di tonnellate nel 1959 a 280 milioni nel 2009.
La crescita esponenziale della domanda mondiale di soia e gli elevatissimi guadagni hanno spinto numerose multinazionali a investire sulla coltivazione intensiva e transgenica con conseguenze spesso devastanti per l’ambiente e per l’uomo.
Tra le voci di protesta sollevatesi contro un fenomeno che oramai ha assunto dimensioni epocali – la superficie di terra coltivata a soia copre oltre 1 milione di chilometri quadrati: quasi la totalità dell’Europa settentrionale (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi messi insieme) – anche quella del fotografo Ernesto Piovano che, nel suo paese natale, l’Argentina, realizza nel 2014 un reportage per denunciare gli effetti dell’utilizzo incontrollato di diserbanti, come il glifosato, nelle colture di soia geneticamente modificata. Le immagini raccapriccianti di bambini deformati, dalla pelle di cristallo, di donne ricurve con malformazioni ai tendini, si alternano alla visione drammatica di interminabili campi di girasoli devastati dal veleno. (qui un articolo)
Ciascuno di noi valuta i fatti ed esprime giudizi. Ciascuno può approvare o disapprovare, apprezzare o indignarsi.
Il rispetto dovuto all’essere umano in quanto tale e quello dovuto all’ambiente sono tra i principi fondamentali della morale, cioè quelli che permettono di dire ciò che è bene e ciò è male. Da questi stessi principi non possono prescindere coloro che nell’agire determinano le sorti del genere umano.
Claudia Orsino