E’ da giorni che continuo a ripetere a me stessa che devo trovare la frase giusta per cominciare il pezzo, perché se scrivo “Pasqua senza agnello” oppure “Perché il cane no e l’agnello si”, sono certa che i più non leggeranno neanche il secondo rigo e questo articolo non avrà mai avuto senso.
La verità è che scrivere di qualcosa a cui si è molto sensibili, sapendo di doverti rivolgere a tanti che, ahimè, non sono proprio della tua stessa opinione ma sono più per – “La tradizione dice che a Pasqua si deve mangiare l’agnello e le tradizioni si rispettano” (le tradizioni si rispettano anche più delle leggi! aggiungerei io) , oppure – “ Se non te li mangi poi diventano troppi e che ci fai?”, o ancora andando sul personale – “ Pensa ai bambini che non possono mangiare, piuttosto che agli animali” è un’impresa toccante.
E si, perché le parole scorrerebbero a fiumi se questa pagina fosse parte della mia autobiografia; ed invece appartiene a una cosa più grande di se stessi: all’umanità, a quella istintiva capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri.
Capacità che ancora appartiene ad alcuni esseri umani, che ne fanno un utilizzo autentico, in molti casi sorprendente: i bambini. Loro, i cuccioli, sentono e condividono le emozioni degli altri viventi, umani e animali.
Non pretendo di poter cambiare le opinioni di chi legge, ma un domanda sento di porgerla: siamo proprio sicuri di volere una “tradizione” che giustifica l’uccisione di milioni di esseri viventi senzienti? Coloro che negano valore a una tragedia per la quale non fanno nulla invocano come giustificazione un’altra tragedia per la quale non fanno identicamente nulla.
C’era una volta una bambina che non voleva mangiare gli animali e tanta era l’empatia con loro che disperata diceva ai suoi genitori: “Io non voglio mangiare gli animali – sono così belli. Perché la gente li fa a pezzi?“.
C’era una volta una madre: «Immagina di partorire in una stanza vuota, senza nessuno che ti è vicino, e da sola riesci a “dare alla luce” tuo figlio. La gioia che provi nel vederlo ti solleva da ogni dolore. Ma all’improvviso qualcuno entra nella stanza, ti prende il bambino e lo porta via. Quel bambino non lo vedrai mai più. Sarà chiuso in una stanza davanti alla tua, tu lo sentirai piangere perché ha fame, perché ti cerca, ma non puoi fare niente. Dopo interminabili giorni lo vedi portar via dalla stanza, vedi spingerlo con forza in un furgone. Lo macelleranno. Tu vivrai questo per anni, finché non sarai più in grado di fare figli, poi macelleranno anche te”
Immagino un mondo in cui il fine ultimo non sia produrre per produrre sempre di più, guadagnare per guadagnare sempre di più, consumare per poter consumare sempre di più, bensì la tutela della Terra come casa comune di tutti gli esseri viventi che la popolano, interconnessi e necessari gli uni agli altri; il rispetto per ogni forma di vita.